Enduround Verona

Quando si è a corto di ispirazione, l’unica cosa da fare è tornare sui propri passi.

Così in questa giornata di fine settembre, solitario e pensieroso, ho inforcato la mia bici e sono tornato sui miei passi, o per meglio dire sui miei vecchi sentieri.

Da ragazzo abitavo in una zona centrale della mia bella Verona, non avendo la macchina ero costretto a trovare un passaggio verso trail più interessanti oppure a girare nelle zone limitrofe alla citta.

Per mia fortuna proprio a 5 minuti dal centro di Verona iniziano le propagini dei Monti Lessini, che insieme al Monte Baldo, formano le Prealpi Veronesi, nel corso degli anni queste zone sono state utilizzate per l’agricoltura e l’allevamento e pertanto sono disseminate di sentieri più o meno utilizzabili.

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C’è nè per tutti i gusti, giri corti o lunghi, facili o difficili… insomma abbiamo la fortuna di avere un dedalo di sentieri da far venire invida a molte località, ma spesso c’è nè dimentichiamo.In questa giornata ho avuto il piacere di riscoprire uno dei primi trail che abitualmente percorrevo da ragazzo e sono stato piacevolmente sorpreso nel trovare un percorso diverso da quello che mi ricordavo, non per colpa della mia memoria ma del continuo mutamento dei sentieri dovuto all’intervento degli agenti atmosferici ed al dissesto idrogeologico che flagella le nostre terre, ma in sostanza un bellissimo tracciato tipicamente enduro style a poche pedalate dall’Arena.

Il mio punto di partenza è stato l’abitato di Quinzano, una frazione del comune di Verona situato nella zona Nord-Ovest rispetto al centro città.

Attraversato il piccolo centro abitato, ho iniziamo la mia salita costeggiando il Monte Ongarine, monte che separa Quinzano da Avesa, sul quale si svolgerà tutto il mio itinerario.

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Ben presto la strada si allontana dal piccolo abitato, scorrono vecchi lavatoi, capitelli infestati dai rampicanti, il fondo diventa piu sconnesso e la natura avvolge il tracciato, in breve il verde mi inghiotte, gli insetti e qualche farfalla mi tengono compagnia e gli scorci sulla citta si fanno brevi e distanti.La giornata è coperta ed afosa, si suda e si fatica in salita, per mia fortuna una leggera pioggerellina mi accompagna durante la salita, donandomi refrigerio ed energie, una pioggia leggera che non riesce nemmeno a bagnare l’asfalto ma che dona molto sollievo.

Scorcio dopo scorcio, metro dopo metro, ritrovo vecchi paesaggi e ne trovo altri cambiati ed in fine arrivo al culmine della mia escursione.

Abbandono la strada e mi inoltro nel bosco, mi immergo in quel sottobosco misterioso e stupendo ed inizio ad aggredire il trail, trovo subito un tracciato molto tecnico, con rocce esposte e scivolose da non sottovalutare, gradoni, radici, curve… uno spettacolo, ma anche rocce instabili e ampie zone sconnesse e fangose create dal passaggio di cavalli.

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Percorro vecchi trail a tutta, è bello vedere come alcuni passaggi siano ancora uguali ed è brutto vedere come altri siano stati rovinati, rovinati naturalmente dalle precipitazioni ma soprattutto dal passaggio indiscriminato di cavalli, che con gli zoccoli rovinano, scavano e zappettano il terreno.Devio dal tratto principale e percorro un sentiero secondario in condizioni migliori, vengo sferzato da rami e spine, ma il ritmo incalza e procedo inebriato fino alla fine del trail e mi ritrovo su una strada sterrata.

Dopo un tratto veloce sulla dorsale del Monte Ongarine, sfrecciando tra vigne ed olivi, arrivo al bivio e prendo il trail che mi porterà alle cave, il tracciato è nascosto nell’erba e disseminato di rocce instabili, l’anteriore sembra un puledro selvaggio che scalpita per non restare sulla linea che ho scelto, devo fare le mie per domarlo.

Il sentiero si allarga, la pendenza aumenta e il fondo diventa un campo minato, disseminato di trappole, rocce, radici, sassi, tutto posizionato con maestosa sapienza per non far trovare una linea percorribile.
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L’anteriore affonda, il posteriore sobbalza, cerco di mantenere la presa sul manubrio che non vuole saperne di stare dritto, ma punta verso traiettorie impazzite fuori dal sentiero.La lotta è dura, non sempre riesco a vincerla ma non sempre la dò vinta al tracciato, finalmente finisco il tratto tecnico, il cuore pompa, l’adrenalina scorre ed una goccia di sudore ghiacciato mi corre lungo la schiena, ma è finita.

Bruscamente il trail finisce e mi trovo affacciato sulla valle che ospita l’abitato di Avesa, un sentiero pressochè rettilineo in lieve discesa mi porta velocemente fino alle cave, in questa zona infatti sono presenti delle grandissime grotte o meglio delle cave scavate dall’uomo sul fianco della montagna dove in passato venivano estratti elementi portanti, come stipiti, colonne e travi per la realizzazione delle case della zona.

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Il luogo è molto suggestivo e carico di ricordi, ricordi di gioventù, di scappatelle e di avventure, mi fermo qualche minuto per guardare il panorama, ricordare i mille passaggi fatte sulle falesie, le serate passate in compagnia attorno al fuoco e poi via, percorro le creste delle falesie, scendo in picchiata verso il sentiero e tutto d’un fiato percorro il trail fino al fondo valle.
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Anche in questo caso noto con dispiacere che il sentiero è cambiato, una volta il fondo ghiaioso costringeva a tenere il peso sul posteriore per non far affondare l’anteriore, adesso il fondo è scassato, con gradoni ed un solco centrale molto profondo, quasi una ferita simbolo dello stato di molti dei trail della zona, scavati e segnati dal passaggio dell’acqua che si abbatte improvvisa come una bomba.
Un giro bellissimo, tecnico, difficile in alcuni tratti, stile enduro, fantastico, a 5 minuti dal centro di Verona!
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