Il richiamo della bestia

Ho la fortuna di vivere, a mio modesto parere, in uno dei luoghi più belli d’Italia, la Valpolicella.

In primavera gli alberi di ciliegio in fiore donano un’aurea rosa a tutta la zona, in estate il verde rigoglioso ti riempie l’anima, in autunno il rosso delle foglie incendia il panorama ed in inverno le cime innevate contrastano con il blu intenso del cielo.

Ogni mattina mi alzo e da buon biker godo dello spettacolo del Monte Baldo e del Pastello con tutta la Lessinia sullo sfondo.

Con lo sguardo ripercorro trail che conosco come le mie tasche, percorsi che ho fatto mille volte e cerco con la mente di volare a quei bei momenti.

Fermo la macchina, un’ultimo sguardo e poi entro in ufficio, la mia giornata lavorativa inizia.

Ma il pensiero rimane, ci sono giornate in cui non riesco a scacciare quella voglia di adrenalina, di divertimento, il pensiero scava, si agita, si contorce e non mi lascia in pace.

Le ore passano e il pensiero cresce, inesorabile ed inarrestabile, ormai diventa quasi un’ossessione, difficile concentrarsi su altro, difficile tentare di sopirlo.

E finalmente quando finisco la mia giornata lavorativa, il pensiero è ancora lì, più forte, una bestia dentro di me che chiama, c’è poco da fare, c’è solo una soluzione per assopirla, per controllarla, non mi resta che assecondarla, lasciarla sfogare, liberare la bestia che c’è in me.

Per mia grande fortuna qualcuno mi capisce, o forse mi sopporta e sà come sono, ed asseconda questo mio bisogno, grazie ad un veloce passaggio, sono arrivato, sono in vetta al Pastello in meno che non si dica.

Indossate le protezioni ed inforcata la bici, mi basta uno sguardo al paesaggio sottostante, per scrollarmi di dosso tutta la fatica della giornata appena passata, un sorriso quasi infantile compare sul mio volto.

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Si parte, affronto subito una ripida salita, l’asfalto scompare nel giro di pochi metri e le mie ruote aggrediscono il terreno.

Dopo un breve lasso di tempo mi trovo alle cave del Pastello, una ferita rosso vivo inferta dall’uomo al monte, uno spettacolo affascinante e terribile nello stesso momento, una dimostrazione di come l’uomo possa essere avido e vorace, il rosso della roccia che contrasta con il verde della vegetazione, vegetazione che cerca con ogni suo mezzo di coprire lo scempio dell’uomo.

Il paesaggio è sempre stupendo e lo sguardo spazia in tutte le direzioni, resterei qui molto di piu se non avessi i minuti contati, devo affrettarmi le giornate non sono piu lunghe come una volta e non voglio che il buio mi sorprenda mentre sono sul sentiero.

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Via la discesa inizia subito scassata e ripida, con un certo stupore trovo un vecchio sentiero pulito e tirato a lucido, una occasione troppo allettante per lasciarsela scappare.

Senza neppure pensarci imbocco il sentiero, scende subito deciso, un paio di curve strette che mi costringono a ridurre la velocità, un paio di passaggi interessanti mettono alla prova i miei freni, ma il tratto è molto breve, breve ma carino.

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Mi ritrovo sulla traccia principale che conosco a memoria, lascio correre la bici, il sole filtra tra gli alberi e il sentiero scorre veloce sotto le mie ruote, accarezzo i freni quel tanto che basta ma non più del dovuto, l’aria mi sferza la faccia, sono contento, la bestia che è in me gioisce e si sente appagata.

Arrivo a Cavalo, potrei fare il Vajo dei Pangoni, ma in solitaria e con scarsa luce opto per la dorsale della chiesetta di Cavalo.

Un paio di pedalate ed arrivo all’inizio del sentiero, il singletrack scorre veloce, un paio di passaggi tecnici mi costringono a ridurre la velocità, ed arrivo a Mazzurega.

Anche in questo caso valuto le alternative e decido di fare la direttissima che mi porterà a Gargagnago.

Un paio di salti carini ed un droppone mi portano all’attacco dell’ultimo sentiero, percorro il primo tratto del trail tra sassi che rotolano e schegge che partono, il fondo è praticamente un ghiaione dove le ruote affondano e bisogna stare molto attenti a dosare il freno per non assaggiare il terreno.

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Ormai la discesa è finita, mi aspetta una tranquilla pedalata fino a casa, in assetto graziella intraprendo la strada del rientro, ormai il sole sta calando, percorro stradine che si infiltrano in vigneti sonnecchiosi dove l’odore dell’uva quasi matura dona quel tocco magico all’atmosfera.

Sono felice, sono rilassato e sono contento, le brutture della giornata lavorativa si sono dissipate, ho voglia di riposarmi, di famiglia e di cose semplici, la bestia si è addormentata, non so bene per quanto, ma per oggi starà tranquilla.

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