Monte Sole e Luna

Il Monte Solane è situato nella zona Nord-Est di Verona, nel bel mezzo della Valpolicella, adagiato ai piedi del Monte Pastello e compreso tra gli abitati di Volargne, Sant’Ambrogio di Valpolicella, Fumane e Cavalo.

Ha una altezza massima di circa 650 mt., il suo nome deriva dal fatto che in tempi passati fu un luogo di culto di antiche civiltà pagane, infatti il nome stesso potrebbe derivare da una antica incisione trovata su un altare pagano, ancora oggi conservato nella chiesa di San Giorgio in Valpolicella, che porta l’iscrizione “Soli ac lunae” (al dio sole e alla dea luna).

Compreso tra il Lago di Garda, le Prealpi Veronesi e la pianura Padana, il monte gode di un’ottima e particolare posizione climatica e nonostante sia povero d’acqua da sempre la zona è stata sfruttata in agricoltura per la coltivazione di cereali ma soprattutto di uve che ancora oggi addobbano la zona, ma l’agricoltura non è la sola risorsa economica della zona, infatti la ricchezza principale della zona consisteva nel sottosuolo, dal quale si estraevano lastre di pietra caratteristiche della zona della Lessinia che venivano usate, in passato ma anche oggi, per la copertura di case, recinzioni e per lastricati tipici della zona.

Il segreto del marmo che si estraeva dal monte Solane è nella sua bellezza dovuta all’assenza di venature. I suoi 38 strati comprendono lastre di Biancone perfetto, privo di inclusioni argillose, introvabile nelle cave a cielo aperto, il Secchiano, un tempo usato per costruire i lavandini della zona, la Stopegna, le cui lastre venivano “regalate” a coloro che accordavano ai cavatori le concessioni, il focolaio utilizzato per i caminetti delle case, e molti altri dai nomi spesso stravaganti (Pelosa, Gentile, Cembala). Il marmo si estraeva in lastre di spessore decimetrico seguendo gli strati, con un metodo particolare: che “attaccava” il marmo su tre fronti: con i loro attrezzi infatti estraevano le lastre da sotto i loro piedi, da sopra la loro testa e dalle pareti circostanti.
Ancora oggi il sottosuolo è una risorsa importante, anche se sfruttato molto meno rispetto agli anni passati, infatti nella zona sono ancora attive alcune cave e non è raro imbattersi in una di esse durante le varie escursioni, ma per fortuna anche la viticoltura è molto attiva e sempre di più ampie zone sono riadattate e dedicate a questa seconda attività, addobbando la zona di ordinati filari di vigne che come una coperta arricchiscono la zona di un verde intenso d’estate e di un rosso fuoco in autunno.

In questo scenario fantastico e ricco di storia, sono andato alla ricerca di alcuni trail che da tempo volevo ripercorrere, molto spesso infatti, scendendo dal Monte Pastello, si scelgono percorsi più diretti che portino a valle in breve tempo, oppure si percorre il bellissimo Vajo dei Pangoni, il Monte Solane è spesso sottovalutato oppure percorso in velocità e pertanto messo in secondo piano, ma invece, come spesso succede, uscendo dai classici tracciati, il monte presenta innumerevoli trail degni di nota e tecnicamente molto interessanti.

Così mi sono avventurato sulle pendici del Monte Solane, arrivato a Gargagnago, ho iniziato a guadagnare quota percorrendo il sentiero della pineta, una volta ritornato sulla strada asfaltata mi sono diretto a Mazzurega e da qui ho proseguito fino a Cavalo.

A Cavalo ho fatto sosta alla storica fontana in piazza e dopo un paio di sorsate di acqua fresca mi sono diretto verso la Pieve Romanica, da qui ho intrapreso la dorsale che mi ha condotto fino all’attacco della prima discesa.

L’attacco del sentiero è ben segnalato, rispetto alla mulattiera principale si gira a destra e dopo un breve tratto su prato, ci si immerge subito nel bosco, la visuale viene subito coperta dalle chiome degli alberi, il tracciato diventa subito sconnesso e molto pendente, identificare il sentiero da seguire non è difficile, la striscia di terreno si dipana tra gli alberi in modo netto e ben visibile.

Ad un tratto un bivio si distacca dal tracciato principale, la deviazione non è ben visibile, proprio per questo bisogna prestare un po di attenzione, una volta svoltato a destra il sentiero diventa ancora più pendente, ci si trova cosi su di un tratto molto ripido e con rocce affioranti, assolutamente da evitare in condizioni di terreno umido/fangoso, il tratto impegnativo prosegue per circa un chilometro, a causa del folto bosco non è facile valutare la propria posizione rispetto al fianco della montagna.

Il sentiero si apre sulla Val d’Adige e lo sguardo può spaziare fino al Lago di Garda, ora ci troviamo su una mulattiera che procede in discesa, un tratto veloce ci conduce all’attacco del secondo trail, a prima vista sembra di essersi sbagliati, il trail infatti si presenta come un letto di un torrente tante sono le rocce e le sponde alte che lo caratterizzano, abbandonata la mulattiera si torna nel sottobosco, questo tratto di sentiero si presenta subito meno pendente rispetto al precedente ma notevolmente più impervio, le traiettorie obbligate che lo scorrere dell’acqua ha creato non lasciano spazio ad indecisioni o incertezze, bisogna mantenere un buon ritmo ed una velocità adeguata per non far impugnare la bici, anche in questo caso il trail è assolutamente da evitare in caso di fondo bagnato, le rocce umide e viscide non lascerebbero scampo anche ai rider più esperti.

Il trail finisce su una strada sterrata, il primo tratto di discesa è concluso e si prosegue su un falso piano sterrato che taglia a meta il fianco del monte, il tratto tranquillo permette di assaporare il panorama e di godere della brezza che accarezza la zona un paio di colpi di pedalata in salita e si arriva all’attacco del secondo tratto di discesa.

Siamo sopra al Santuario di Casa Nazareth, per chi conosce la zona, siamo proprio sulla sommità della croce che di notte illumina la zona, indossate nuovamente le ginocchiere è ora di scendere.

Ci si immerge subito nella folta vegetazione, il sentiero è una strisciolina marrone che corre nel bosco fitto, quasi improvvisamente si sbuca in un vigneto, un paio di curve veloci ed un paio di gradini e ci si ritrova a percorrere una strada sterrata che porta ad alcune abitazioni, dopo circa un centinaio di metri, si taglia in un campo e si prosegue in discesa, questa volta non procediamo sul sentiero principale, ma proseguiamo parallelamente al pendio su una traccia appena accennata e di nuovo ci immergiamo nel bosco.

Il sentiero è molto scassato e veloce, si sfreccia nel bosco, la traiettoria è solamente una, dettata dalla conformazione del terreno, tutto avviene molto velocemente ed in men che non si dica si sbuca nuovamente in un prato, difronte a noi San Giorgio in Valpolicella con le sue case arroccate, in lontananza il lago e la pianura padana che si perde all’orizzonte.

A questo punto si potrebbe proseguire per le vecchie cave oppure per il sentiero che riporta a San Giorgio in Valpolicella, ho ancora voglia di divertirmi, perciò opto per la seconda ipotesi, attraversato un tratto in mezza costa mi immergo nuovamente nel sottobosco, il tracciato zigzaga sul pendio della montagna, questa volta il fondo è regolare e con una buona pendenza, si prosegue veloci e sicuri, sfrecciando tra gli alberi, in breve tempo mi trovo a San Giorgio, la seconda parte di discesa è finita.

Invece che dirigermi verso il centro abitato prendo la direzione opposta e placidamente pedalo su di una stradina poco trafficata che mi porta fino alla località Cà de la Pela, mi trovo fuori dal tempo, in una tranquillità distante anni luce dal nostro frenetico modo di vivere, un bar sperduto in questa quiete con una terrazza che si affaccia sulla Valpolicella e una bibita fresca sono un richiamo quasi irresistibile, ma non posso devo continuare.

La strada curva placidamente a destra, ma con la coda dell’occhio scorgo una traccia che promette bene, la imbocco e subito mi sembra di essere arrivato in Sardegna, la vegetazione bassa mi permette di guardare il panorama, mi sembra di galleggiare con la mia bici in un mare di vegetazione, le ruote girano veloci, attraverso in velocità l’asfalto e mi ritrovo sul tracciato della Cà Verde.

Il sentiero è ben noto, un tratto rettilineo e molto pendente mi permette di andare molto veloce, mi lacrimano gli occhi nonostante gli occhiali, corro, corro come se stessi scappando da qualcosa e sono arrivato alla Cà Verde.

Qui inizia un tratto di salita, si sale su strada bianca e dopo circa mezzo chilometro si devia per un campo, la taccia sembra quasi scomparire tra l’erba, ma grazie ai segnavia è facile capire la direzione in cui andare, un paio di curve e finalmente ricomincia la discesa, percorro mulattiere e strade bianche e quasi senza accorgermene mi ritrovo a Sant’Ambrogio di Valpolicella.

Mi giro e, come faccio spesso, ripercorro con lo sguardo il tracciato che ho fatto, un vero su e giù per la Valpolicella, sicuramente non adatto a chi ama solamente le lunghe discese veloci, ma più che altro adatto e molto bello per tutti coloro che vogliono divertirsi e rilassarsi in un ambiente naturale stupendo facendo quattro pedalate, alternando salita e discesa, tratti facili e tratti tecnici, in ogni caso da fare in buona compagnia.

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